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TACCUINO ANASTASIANO

24 luglio 2012

Daniele Santoro: "Sulla strada per Leobschutz", le poesie dell'Olocausto


"Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola, amore, lungo la pianura nordica, in un campo di morte...": sono i versi notissimi e memorabili di una lirica di Salvatore Quasimodo, intitolata appunto "Auschwitz". Il riferimento mi è parso quanto più consono e opportuno, volendo scrivere qualche breve riflessione su questo nuovo volumetto di poesie di Daniele Santoro, "Sulla strada per Leobschutz". Conosciamo tutti le orrende nefandezze dei lager nazisti che hanno sconvolto l'umanità durante l'ultima guerra mondiale, un "buco nero" nella storia in cui sono implosi tutti i valori fondamentali e il rispetto e la dignità dell'essere umano, e mai vorremmo che si ripetesse un così oscuro e infamante periodo della nostra cosiddetta civiltà in perenne cammino, si spera verso mete finalmente rosee e degne di essere vissute da ogni persona del pianeta. Per questo è importante la memoria, il ricordo, affinchè non si banalizzi o addirittura si cancelli, come purtroppo è stato tentato di fare, ciò che ha diabolicamente mosso l'uomo a distruggere con la sofferenza inaudita, il supplizio e la morte, l'olocausto, l'altro, il prossimo, il fratello.
Come sempre, la poesia, e la poesia di impegno, è anche qui vettore significativo di fatti storici, di avvenimenti, di pensiero e di comportamenti sociali. Nella fattispecie, il libro di Daniele Santoro costituisce un utilissimo e importante documento di continuità storica, e il mezzo adoperato, cioè la poesia, è quanto mai illuminato e opportuno, perchè è capace di incidere profondamente nella coscienza e nell'anima, oltre che nella mente (la memoria, il ricordo) del lettore. Forse più che con altri "strumenti" artistici, come il teatro, la musica, la pittura, la poesia si instaura nell'intimo, superando direttamente ogni barriera corporale e razionale.
Il lavoro di Daniele Santoro è da apprezzare per questo ennesimo sacrificio in memoria dell'orrendo olocausto. Ma non solo per questo. E' un grandioso esempio di come anche con la poesia sia possibile trattare efferatezze e negatività umane, mostruosità e scelleratezze.
Afferma infatti Giuseppe Conte nella sua accurata prefazione: "Sulla strada per Leobschutz è un libro che ha un centro tematico di dura, cupa potenza: il campo di sterminio e l'olocausto, che in questi versi appaiono nella loro brutalità fisica, nella loro violenza materiale, assoluta." Siamo pienamente d'accordo, anche perchè il testo di Santoro dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che la poesia è soprattutto "costruzione", che viene subito dopo l'impulso creativo: esercizio della mente, come affermava il buon Valery! Daniele Santoro ha infatti "voluto" creare un lavoro in versi, molto profondo, acuto, peculiare, e con una struttura organica, monotematica. Difficile realizzare una tal cosa, generalmente con la poesia si divaga, anche volendo affrontare un tema unico, ci si spazia a largo raggio, fin dove il verso riesce a suscitare emozioni e vibrazioni, fino al possibile (o impossibile) confine tra il detto e il non detto. "Sulla strada per Leobschutz" supera invece tutto questo, pur seguendo i canoni della molteplicità caleidoscopica offerta dai versi, imprimendo sulla pagina le varie angolazioni, gli accenni, i rimandi, le varie sfaccettature di un mondo obbrobrioso, odioso, dedito al vituperio.
Qualche esempio: "Cristo, l'ho visto io come tremava nudo / minacciato dal fucile che si era inceppato, / mica si scomponeva l'ufficiale / scambiava con il sottoposto una battuta / frattanto che ripristinava il percussore / e lo finiva - carponi nella pozza, / la nuca spappolata ..." ("Nel cortile della morte", pag. 12). E ancora: "appena dietro il filo, la catasta / nuda dei corpi (un tempo femminili, caldi) / il velo disonesto che copriva i visi / in noi lo strazio che allentava il passo; non sapere / se madri mogli erano, se figlie sono" ("Fiancheggiando il lager delle donne", pag. 26). E a pag. 49 ("Sull'orlo della cava"): "penzoloni sull'orlo della cava / fumava la sua sigaretta / calmamente    quelli / dall'altra parte si svestivano in silenzio / religioso si abbracciavano restavano / sull'orlo della cava dove penzoloni / finiva la sua sigaretta / calmamente". Sono dei flashes di incredibile efficacia espositiva, dove il detto e il non detto, l'allusione, regna al confine di ogni verso, che ha una cadenza controllata, quasi frenata, ma sempre pare che voglia esplodere di rabbia e di disappunto, nella costernata meraviglia che l'uomo possa cadere così tanto in basso. Il verso è dunque in linea con l'atmosfera greve e fumosa, sottintesa, acre, e nella quasi imparzialità del dettato poetico (controllo e freddezza connotano tutti i componimenti), emerge tutta la cruda, assurda verità, anche nelle pietose allusioni.
Un libro-documento pregevole e prezioso, non solo per i contenuti, ma anche per l'idea creativa originale dell'autore, che ha reso possibile la realizzazione dell'opera, coerente e aderente alla storia ed ai canoni alti di una poesia veramente incisiva, colta e in grado di suscitare forti emozioni.

Daniele Santoro, "Sulla strada per Leobschutz", Edizioni La Vita Felice, Milano, 2012. Prefazione di Giuseppe Conte.

Giuseppe Vetromile
24/7/12

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Si è svolto il 30 novembre scorso, alle ore 17, presso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Palazzo Serra di Cassano in Via Monte di Dio 14, Napoli, il Convegno di studi e reading di poesia "ARCARTE - IL VIAGGIO DELLA CREATIVITA'".
All'interessante incontro, promosso e organizzato dall'Istituto Culturale del Mezzogiorno e dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, hanno preso parte:
- Natale Antonio Rossi, Presidente Unione Nazionale Scrittori Artisti;
- Ernesto Paolozzi, Università di Napoli Suor Orsola Bnincasa;
-Antonio Scamardella, Università di Napoli Parthenope;
- Antonio Filippetti, Presidente Istituto Culturale del Mezzogiorno.
Nell'ambito del convegno si è svolta la rassegna "Liberi in Poesia", con la partecipazione di autori di diverse generazioni. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito ad "ARCARTE" quale suo premio una medaglia di rappresentanza.

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